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di PAMELA GARBERINI

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In questa pagina cerchero' di mostrare e condividere questa mia esperienza in campagna.

Vorrei anche prendere nota di certi miei deliri, certi iterrogativi e certe bellezze che trovo nelle pause di luna tra i miei passi.

Perché?

Per allegerire i miei cassetti. E per una certa solitudine probabilmente, come un presentimento di inutilità.

E poi l'urgenza di lasciare una ruga sul volto di questa terra.
Ho intenzione di dare in pasto ai porci le briciole migliori della mia vita.
A chi altri potrei offrirle? Chi altri dallo statuto più elevato? So boni i porci alla fine.
È vero per me anche che sono luoghi protetti i cassetti. 
Ed è vero pure che fuori io non ci credo più degni depositari, capaci di comprensione, ma semplici e adorabili fagocitatori, quindi....

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Petillant de sureau de Odile :)

Con questa bevanda fresca e frizzantina, ho intenzione di inaugurare una specie di rubrica sulla natura dimenticata e poi recuperata. 
La bevanda fresca ai fiori di sambuco e limone, prima la gustero', verficando la riuscita della ricetta poi, se vorrete, vi indichero' ingredienti e procedimento. 
Una buona giornata :)
Con una certa probabilità sento che un giorno spariro'. Puff

12 maggio 2018

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INGREDIENTI:
5 litri di acqua
1/4 di litro di aceto di mele
2 limoni tagliati a pezzettoni
450 grammi di zucchero
15 fiori di sambuco
PROCEDIMENTO:
Eliminare gli steli dai fiori
Aggiungere le piccole corolle dei fiori e tutti gli altri ingredienti all'acqua (fredda)  
Io utilizzo dei grandi boccali con coperchio e poiché nei 4 giorni in cui lascerò al sole l'infuso, questo fermentera' un pochino,

non riempio i boccali fino all'orlo, evitando la compressione dei gas all'apertura.
Una volta trascorsi i 4 giorni filtrare il liquido e versare nelle bottiglie fino ai 3/4, poi mettere in frigo. 
Mantiene la fragranza e resta frizzantina per 4 o 5 giorni. 
Se 5 litri sono troppi dimezzate la ricetta. 
La mia è ben riuscita.
Un abbraccio.

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16 maggio 2018

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La chenille verte du papillon (o Macaone)
Chissà se quando sarà farfalla cagherà meno!

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21 maggio 2018

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Tempo fa sulla strada che da casa conduce all'aeroporto di Lione

sono cominciate ad apparire le pale eoliche per la produzione di energia "alternativa".

Quest'inverno abbiamo notato una presenza maggiore di corvi sui terreni vicini e in generale la fauna alata sembra aumentata.

Per me le due cose sono correlate.

Così quest'anno le prime fragolette se le so magnate loro, l'uccelletti.

A breve sarà il tempo dei pomodori e mi sono decisa a costruire uno spaventapasseri (che poi sono diventati due visto che mi divertivo).

Tuttavia durante il processo di creazione soffrivo all'idea di voler allontanare anche io questi migranti,

così mi sono concentrata di più su l'estetica e lei mi pare proprio che paura non faccia, l'ho chiamata INVITA.

Sono disposta alla fine a dividere il raccolto con gli uccelli.

Staremo a vedere.

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20 giugno 2018

L'anno scorso abbiamo pensato di coltivare anche un po' di camomilla in giardino e la cosa è ben riuscita,

le piantine hanno addirittura resistito alle gelate di gennaio e ora sono colme di piccole corolle che ogni mattina mi invitano all'inchino per la raccolta.

Tuttavia le tazze di tisana preparate durante l'inverno avevano un gusto amaro che anche col miele non migliorava.

Ora sono qui a domandarmi se non abbiamo, per inesperienza, azzeccato il tempo di raccolta,

o se il processo di essicazione prevedeva l'asportazione di petali o che ne so io.

Così mi sono tuffata nel web ma a parte le mille schede sulle proprietà della pianta, sul come fare che non sia amara, nulla!

Ho allora cercato i produttori per avere delle informazioni e patata' : sapete chi sembra essere il maggior produttore di camomilla in Italia?

Un carcere ad Alessandria, il San Michele

"Ci hanno pensato i ragazzi della Coompany, una cooperativa sociale che tra i vari scopi aiuta anche i carcerati a reinserirsi nel mondo del lavoro,

a trasformare il caos in un’oasi verde che darà prodotti bio e futuri contadini (una volta tornati in libertà)" :) 

...quelle belle notizie che fanno bene al cuore,

proprio come la camomilla (quando non è amara).

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11 luglio 2018

L'altra mattina mi sono ritrovata in quello stato mentale in cui pare di esserti tuffata nel presente.
lo spazio si è dilatato e il tempo è rallentato
Tutto ciò mi ha permesso di vedere oltre gli schemi abituali di pensiero.
È cambiato uno dei miei parametri, la velocità,

e conseguentemente è cambiato pure un certo equilibrio azione-reazione, la prospettiva e anche il livello di attenzione.
Dunque, 
quest'anno e in questo giorno qui, i gelsi hanno quasi terminato di fruttificare
I petalo-peli gialletti del tiglio sono diventati piccoli esseri volanti e

dopo la breve-intensa pioggio all'alba, il miele dei gelsi sul suolo e la frescura dell'acqua tra i pelo-petali hanno creato una poltiglia

CHE SE CALPESTATA TI ATTACCA AL SUOLO DAL FONDOSCARPA CON UNA SENSAZIONE DI "pfchuuuu"

(suono che è veramente difficile da transcrivere a causa della mia ignoranza per l'alfabeto fonetico).
Dicevo, 
una poltiglia appiccicosa godimento di molti insetti zzzzz..anti.
C'è da dire che per un' intera settimana, durante la nostra assenza, la "vicina" è passata sui caduti cadaveri di gelsi con la sua automobile, tipo Pasolini.
Insomma,
sono lì con un soffiatore d'aria a inviare aria (con una specie di fucile in mano per intenderci)

a inviare aria ai gelsi appiccicati-spiaccicati al suolo
per scrostarli e piano piano accatastarli insieme agli altri caduti, certi ancora rotolanti.
50.000 corpi, cadaveri di gelso
Cadaveri di una guerra,
una guerra tra gli insetti avvoltoi e noi, 
i pulitori di superfici 
POVERI GELSI CADUTI, CALPESTATI, SCROSTATI, ACCATASTATI.
Vorrei,
in autunno, dopo la caduta anche delle foglie, ringraziare i rami sostenitori-nodosi di foglie e frutti.
Ringraziarli con un mandala su quel suolo pulito e, magari nel disegno rappresentare

tutti i poveri gelsi caduti, calpestati, scopati o soffiati e poi accatastati in una fossa comune a cielo aperto: la nostra compostiera.

Che esistano per un momento tracce effimere di gesso a raccontare e a ricordare la mia incapacità a lasciar marcire davanti casa frutti succosi per insetti avvoltoi.

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5 settembre 2018

Piedi al cielo.

M'aspettavo i canti e una sensazione di fratellanza tra le vigne e invece no. 
La paga è bassa come pure l'altezza di queste vecchie e rugose piante. 
Che nodi e che solchi la vite! 
Gli acini gonfi, tondi, in bocca miele, e forse zolfo se li hanno "trattati", ma bboni! 
I 30° di questi giorni arrivano dal basso pure loro, dai ciottoli, la polvere e l'ambrosia.
Le mani separano, liberano, accolgono si tagliano e nere di succo e sangue appiccicano. 
Le vespe disturbate nei loro banchetti pungono feroci e

se ti trovi accanto al trattore, il gasolio e il suono costante del motore ti fanno invidiare l'epoca di Pavese o di Carducci. 
I portatori e l'assenteismo, i giovani e le maleparole, i tagliatori silenti, quelli incazzosi,

il capo' che ha 1000 cose a cui pensare e che le nostre lamentele di stanchezza non sa placare... 
Più veloci! forza! dai!
Malaorganizzazione, poco affiatamento e non parlo dell'essere straniera in mezzo a tutti.
L'esperienza credo non si ripeterà, è stata sufficiente a dimostrare anch'essa la solita pochezza dell'essere umano e la meravigliosita' della natura

(quella me la continuerò a godere in passeggiata).
Piedi al cielo per stirare i muscoli accanto alla colonna, quelli almeno si stanno irrobustendo...

Spero

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22 settembre 2018

E niente! 
Sono ancora capace di innamorarmi. 
Grata per tutte le cose belle che ho incontrato in questi giorni.
Eccone una

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2 novembre 2018

Mi ritrovo a pensare al piacere che provo nel mangiare.
Non è legato il mio piacere, all’appagamento di un massaggio di panza successivo al pasto.
E neppure alla liberazione della defecazione, che pure trovo esperienza graditissima.
E certamente non è legato, il mio piacere, all’idea di un sano nutrimento delle cellule del mio corpo.
É piuttosto unito, quel piacere a cui penso, all’esperienza che mi concedo, e che concedo alle mie papille gustative, 
di lasciarsi sorprendere dai differenti gradi di acidità, amarezza, dolcezza, sapidità o piccantezza, di un qualche cosa. 
(Per non parlare dei differenti e molteplici accostamenti di « unqualchecosa con unaltroqualcecosa », che inventano sensazioni indicibili.)
Ma comunque... 
dicevo di quella sorpresa che mi riempe tutta la bocca e 
che si irradia come informazione altrove, procurando appunto nel mio corpo un piacere. 
Il piacere e lo stupore di un’esperienza di incontro tra me e la cosa mangiata.
É vero che, certi sapori mi piacciono meno di altri. 
Schiacciare la lingua contro il palato tenta di azzerare quel sentire, quando accade, e spesso in vano, 
ma comunque c’è un rigetto, un « no grazie non mi piace ». 
(Vedete il naso arricciato in più?)

Anche nelle esperienze di cui è ricca la mia vita mi pare di comportarmi parimenti, 
forse li la zona di conforto relativa ai piaceri è più sottile, ma 
anche nelle case da abitare, nei luoghi da vivere, nelle relazioni da coltivare e nelle occupazioni nelle quali intrattenermi ritrovo per lo meno lo stesso interesse, se non l’esatto piacere, di quelle esperite mangiando.
C’è sempre tuttavia, anche li, una specie di controllo.
Non tutto mi va a genio, e più invecchio più è peggio, perché sempre di meno mi interessa di essere in accordo con gli altri. 
E credo che quando dichiariamo spontaneamente di cosa vogliamo fare a meno, dichiariamo spesso anche che siamo giunti ad un grado di distanza dal mondo tale da decidere quando farci toccare e quando no. 
Avete mai detto, per esempio, alla vostra vicina desiderosa di sapere perchè ci si dica soltanto buongiorno, piuttosto che essere più in contatto, che gli amici si scelgono e che non è una obbligata vicinanza che li definisce ?
Non è carino forse da sentirsi dire, ma è la verità. Nuda. Senza falsa cortesia. É la giusta distanza dal mondo per me. 
E la sua è di scacciarmi e di tacciarmi di essere una stronza. Perfetto!

Ma comunque
... la stessa identica meccanica delle esperienze del vivere e del mangiare, la osservo pure durante la mia espirazione. 
Lunga, profonda lenta ed elevatrice di leggerezza o. O ...o meglio svuotatrice di pesantezza.
Rilascio tutto lungamente, mi svuoto, mi rilasso, mi ......ma
Anche li, c’è qualcosa che tiene.
La sento, è come una frizione, un’elettrica e sottile tensione. 
É li non si lascia lei, non si abbandona, 
non mi abbandona. 
Controlla.

Controlla che io riprenda ad inspirare. 

Forse il momento della morte è proprio caratterizzato da questa capacità ultima di lasciarsi andare totalmente all’ennesima esperienza,

questa capacità di non creare attriti, freni, controlli. 
Forse ogni esperienza della vita cerca di prepararci a quell’abbandono, ma noi teniamo testa, non molliamo, 
mica siamo scemi noi !

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6 dicembre 2018

SenecioAngulatus Escolzia ApteniaCordifolia OxalisTriangularis CosmosBipinnatus BignoniaGrandiflora Ipomea CrassulaOvata Iperico PhysalisAlkekengi DaturaStramonium... cerco il nome delle piante che erano in fiore in giardino fino a quelche settimana fa,

mi informo delle loro proprietà e del come prendermene cura in futuro. 
Oggi ho messo nella terra dei bulbi di ranuncolo e di crocus. 
Quest'ultimo pare sia della famiglia dello zafferano per esempio.

a sandra

20 marzo 2019

A SANDRA

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Ho appena terminato un mandala di gessetti, che mi ero ripromessa di fare già qualche mese fa, mentre raccoglievo gelsi mielosi davanti la porta di casa.

Voglio dedicarlo a te, e anche un po' a mia nonna che ieri si è lasciata cadere su mia mamma forse per un bisogno d’abbraccio.

Mentre mi grattavo le unghie sul suolo, poco fa, pensavo all’ultimo caffé bevuto in tua compagnia.

Ci raccontavamo, mettevamo a giorno i nostri vissuti e mi dicevi che eri intenta in quei giorni a scrivere la tua autobiografia.

La prima cosa che ho chiesto è stata proprio se avessi avuto il tempo di terminare quel tuo libro prima di lasciarci, e adesso non vedo l’ora di leggerlo tutto d’un fiato.

Sono certa che da lassù stai guardando questo ghirigoro insieme a me.

è per te ! e anche se l’acqua, mia e tua sorella, presto o tardi lo laverà via, sappi che tu resti tatuata nel mio cuore , amica mia.

In questi due ultimi anni mi sono trovata a vivere, da osservatrice-ascoltatrice, un uomo che sentiva l’urgenza di raccontarsi e ne è nato un film.

Quello che mi resta di questa ennesima esperienza è un senso della verità cosi’ ampio, da dissolversi come polvere nel vento.

I nostri ricordi non possono che essere una de-formazione, volontaria o no, della verità di un istante.

E questa danza, questa magia fugace è importante per me provare a metterla in parole, a più riprese durante la mia esistenza,

per osservare la trasformazione che subisce di volta in volta.

Mi sento onorata di aver ascoltato e tentato di riportare ad altri, come nella tradizione orale, cio’ che quest’artista ha voluto raccontare.

E mi piace pensare che mentre tu scrivevi e ti raccontavi io ascoltavo, come davanti a quell'ultimo caffé.

Ti abbraccio. Ora.

Dev’essere piena la luna in questi giorni. E domani è primavera.

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08 luglio 2020

OGGI NONNA ALGERICA COMPIREBBE 106 ANNI

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Per nove giorni ho raccolto le albicocche per monsieur Figuet quest’anno.

Eravamo di base in 13 lavoranti, poi per alcuni giorni ci hanno supportato anche una decina di giovani di 16/17 anni, liceali che avevano deciso di alzare qualche soldo per le vacanze e arrivati da Lione e dall’Alta Loira avevano piantato le loro tende sotto i platani dell’azienda agricola dove ogni mattina ci ritrovavamo alle 5 e 45 per andare nei frutteti. Il loro contratto « speciale » li remunerava circa 6.78 euro l’ora e, nonostante scattassero di tanto in tanto scostumati lanci di albicocche tra di loro (che mi hanno fatto volare gli occhiali un giorno facendo uscire il mostro che è in me), lavoravano sodo, alla stessa velocità di noi altri.

Io ero la più anziana tra tutti e l’unica straniera. Ho trovato interessante trovarmi a vivere questo doppio ruolo, interessante osservare le differenti modalità d’approccio dei giovani e l’interesse per cio’ che rappresento nel loro immaginario. Ho amato molto conversare con Marine, lei studia all’università Antropologia Culturale e confrontarci su una passione comune mi ha permesso di sentirla amica. Antoine mi ha dato un passaggio un paio di volte che non avevo a disposizione l’automobile di Seb ed un giorno gli ho offerto una birretta e un tour del nostro giardino per ringraziarlo. Quentin vorrei presentarlo a Jean François (l’amico che qualche volta, durante l’anno, mi chiede di lavorare con lui nei giardini dei privati), è un ragazzo serio, volenteroso e amante della natura, studia paesaggismo e credo andrebbero d’accordo.  

Prima di cominciare ci hanno consegnato una specie di bretelle, le mie portavano inciso il numero 40 sopra (dovevo restituirle alla fine della missione). Servivano a sostenere un paniere verde di plastica dura che posizionato di fronte al busto, o meglio contro le nostre pance, ci permetteva di avere le mani libere e di caricare circa 8/10 chili di frutti alla volta prima di andarli a svuotare nelle cassette giallo-rosse allineate  con attenzione sul rimorchio che stazionava tra i filari. Il primo giorno cadendo, neanche dopo un’ora di lavoro dalla scala, che completava il kit a noi necessario per la raccolta, ho immediatamente appreso che su un terreno in pendenza i pioli sono a monte. Non mi sono fatta che un livido dietro la spalla per fortuna. Le albicocche si raccolgono ancora dure, ferme, appena arancioni, non verdi e sicuramente non al culmine della maturazione, perché poi dovranno essere stoccate, trasportate e vendute in più giorni sui banchi. Come non domandarsi se sarebbero più buone se potessimo acquistarle e mangiarle appena colte e mature a puntino. Quelle mature potevamo gettarle o di tanto in tanto mangiarle. In questa regione della Francia la varietà di albicocche che va per la maggiore si chiama Bergeron, ma noi abbiamo raccolto anche le Lady Cot, monsieur Figuet produce le due.

Alle 10 monsier Figuet che di nome fa Alain, suo figlio Fabrice e qualche rara volta il piccolo Enzo ci offrivano durante una pausa di un quarto d’ora all’ombra degl’albicocchi dei dolcetti preparati la sera prima per noi e acqua fresca da bere. Era un momento di cerchio, ci sedevamo sui panieri ribaltati e in un paio d’occasioni abbiamo giocato al telefono senza fili (che qui chiamano téléphone arabe), e avendolo io proposto, il giro è cominciato con una frase in italiano che è arrivato alla fine del filo in francese e senza alcuna corrispondenza di senso con quella d’inizio :)

 Alain mi ha regalato a fine lavoro 12 chili di frutti e una bottiglia di nettare di albicocca e mi ha promesso che verrà a prendersi un caffé da noi quanto prima, per visitare il nostro potager. Ha perduto sua moglie 5 anni fa, è quasi tempo di andare in pensione per lui e io spero proprio si conceda un bel viaggio, che incontri un’altra signora e che si goda la vita, perché monsieur Figuet è veramente una bella persona.

L’unica nota dolente di tutta questa bella esperienza è considerare che per permetterci di lavorare comodamente, i produttori agricoli utilizzano tra un albero e l’altro dei disserbanti ; perché mentre tra i filari è possibile passare con delle macchine per tagliare l’erba, tra una pianta e l’altra è più « pratico » decimare con veleni le malerbe. Questo pero’ che significa ? Che gli alberi pure assorbono quei veleni e noi ce li mangiamo con tutte le albicocche. Amen !

La prossima volta spero di raccontarvi come si prepara il formaggio, ho adocchiato un annuncio che mi pare caruccio, tre mesi a partire da settembre in un piccolo caseificio. Intanto per ora mi sto deliziando con la poterie. à la prochaine fois

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